VIVA SANTA ROSALIA: DAL 10 AL 15 LUGLIO È FESTA A PALERMO

La Santuzza rivive nel cuore dei palermitani che, festeggiano la loro patrona ogni anno, tra feste profane e religiose. Rosalia Sinibaldi quest’anno sarà festeggiata a partire dal 10 luglio e sino al 15 luglio.
L’edizione numero 393 del festino porta la firma di Lollo Franco, alla sua terza direzione artistica, e l’organizzazione di Agave con spettacoli di Andrea Randazzo. Dai Flash mob a Porta Felice allo spettacolo alla chiesa della Martorana: si parte da quest’ultima, lunedì 10 luglio, alle 18.15 con lo spettacolo “Il sapore della polvere” di Giuseppe Piazza con Lollo Franco e musiche di Ruggiero Mascellino e Marco Betta.
Si prosegue poi con un Flash mob dal titolo “La peste arriva a Palermo” a Porta Felice: è un’idea di Sergio Benanti e Angela Macagnino, che hanno curato e ideato l’evento, che partirà alle 19. E ancora: a piazza Bologni un incontro programmato per le 20.30 curato dal giornalista e professore Mario Pintagro, dal titolo: “La Peste a Palermo. Le epidemie di peste dal ‘400 al ‘600 e le esperienze del protomedico Ingrassia”. Seguiranno, alle 21.15, i “Triunfi e muttetti. La Signura di Palermu”, regia di Davide Morici e con la “Compagnia Cialoma Arte Mediterranea di Palermo”. Infine, tutti a piazza Marina per l’esibizione del gruppo folkloristico “Kore”.
[youtube=https://www.youtube.com/watch?v=AhGdpMqCRTk&w=320&h=266]

Approfondisci qui

Nudi Blu (serie di opere di Matisse)

Forbici e ritagli di carta, furono gli strumenti di lavoro utilizzati alla fine del 1940 da Henri Matisse, che introdusse una nuova forma d’arte: “cut-out. L’artista riuscì a creare delle opere magnifiche tagliando fogli in differenti forme, dalle organiche alle geometriche, per poi realizzare vivaci composizioni. All’inizio, si trattò di composizioni dalle dimensioni modeste, ma poi diventarono murali o camera size. Matisse realizzò una serie di lavori chiamata “Nudi Blu“.
Matisse - Nudo blu

La serie di Nudi Blu

Con la serie di “Nudi Blu” di Matisse si concretizza l’esempio di questa nuova arte del pittore francese: le opere mostrano sempre una donna nuda ripresa in più posizioni, su sfondo chiaro e corpo blu. Si tratta di straordinarie silhouette ritmate, essenziali, astratte. Sono composizioni decorative, chiamate appunto “papier découpés”, a un colore, nel caso dei “Nudi blu“, che vengono ritagliate e incollate sopra dei cartoncini leggeri, contornate da sottili margini bianchi.

La serie “Nudi Blu” di Henri Matisse venne completata nel 1952
Rappresentano un inno alla vita i collage dell’artista, creati in età matura, usando proprio le forbici in sostituzione del pennello. Matisse non si arrese alla sua malattia, al declino fisico e si ingegnò creando opere magnifiche, brillanti, di grandi dimensioni. Il pittore sosteneva che un vero artista “non dovrebbe essere mai prigioniero di se stesso, della sua reputazione, del suo stile o del suo successo”. Una lezione che ha lasciato il segno nel mondo dell’arte e non solo.
In questa serie di “Nudi blu“, l’artista crea con le forbici la sagoma esteriore della donna e ne scolpisce anche i contorni all’interno della figura; vi è assenza di prospettiva, le forme sono semplificate, assenza di chiaroscuro, esaltazione del colore, tutto ciò che caratterizza appunto il pensiero artistico fauvista.

La seconda vita di Matisse

Quando Matisse si dedicò ai ritagli, i medici gli avevano diagnosticato un cancro e, per questo, fu sottoposto ad un delicato intervento e lui pensava che non ce l’avrebbe fatta. Rimase su una sedia a rotelle, ma iniziò per lui una seconda vita. Così si dedicò a questo nuovo linguaggio visivo: un modo per “scolpire” il colore con i ritagli di carta. Li realizzò tra il 1943 e il 1947, raccogliendoli nel volume “Jazz”, un libro in 20 tavole conservato al Centre Pompidou.
Clicca qui per leggere l’articolo completo

California Kiss, foto famosa di Elliott Erwitt

Raccontare con semplicità e ironia le emozioni che conferiscono gioia alla nostra quotidianità. Un compito non facile, ma che sicuramente riesce ad esercitare nello spettatore il fotografo statunitense Elliott Erwitt. Il suo sguardo ironico fa pensare a un mondo quasi surreale. Tra le sue foto, quella che raccontiamo in questo articolo, è quella intitolata “California Kiss“: una coppia del 1955 che si bacia dentro un’automobile e in cui l’immagine viene riflessa dallo specchietto retrovisore.
California Kiss - fotografia famosa - Elliott Erwitt

California Kiss (1955): la celebre fotografia di Elliott Erwitt

California Kiss: la storia della fotografia

E’ un bacio dato in riva al mare, immortalato a Santa Monica. Foto originale, romantica e soprattutto spontanea. Dove si intravede sullo sfondo il mare. I suoi scatti “rubano” momenti della vita quotidiana, osservandola da vicino. Tra i soggetti preferiti dal maestro: bambini, cani, spiagge, celebrità, politica. Per lui era importante “cogliere la frazione di secondo perfetta”. La totalità dei suoi scatti sono in bianco e nero, concentrandosi quasi esclusivamente su persone e animali, in grado di suscitare empatia nello spettatore. Emergono così le emozioni degli esseri umani. “Uno dei risultati più importanti che puoi raggiungere, è far ridere la gente. Se poi riesci, come ha fatto Chaplin, ad alternare il riso con il pianto, hai ottenuto la conquista più importante in assoluto. Non miro necessariamente a tanto, ma riconosco che si tratta del traguardo supremo”, sostiene Elliott Erwitt.

Elliott Erwitt

Il fotografo statunitense Elliott Erwitt
Indispensabile nella poetica dell’artista ciò che rappresenta l’anima della fotografia: l’osservazione. Un’analisi attenta della realtà intorno a noi. Osserva Erwitt:

Chiunque può diventare un fotografo con l’acquisto di una macchina fotografica, così come chiunque può diventare uno scrittore con l’acquisto di una penna, ma essere un buon fotografo richiede più che la semplice perizia tecnica. Basta poco per capire se qualcuno è dotato di senso di stile, senso della composizione e un grande istintività. Tuttavia, tutte le tecniche del mondo non possono compensare l’impossibilità di notare le cose.

Clicca qui per leggere l’articolo completo 

Donna resta in panne con l’auto in galleria, soccorsa dagli agenti della Polizia stradale

Hanno evitato il peggio intervenendo per salvare una donna in pericolo, rimasta in panne con l’auto dentro la galleria di Sferracavallo, sulla A/29 in direzione Trapani. La donna, 24 anni, palermitana, alla vista degli uomini in divisa della polizia stradale gli è corsa in contro, rischiando di essere investita se non fosse stato per il tempestivo intervento dell’assistente capo Salvatore Intravaia, dell’assistente Vincenzo Di Genova e dell’agente Giuseppe Scozzola. Tutto è accaduto alle 14 del pomeriggio di ieri, quando il traffico era molto intenso, tanto che, gli agenti in attesa che arrivasse il mezzo di soccorso stradale, sono entrati a piedi in galleria, dopo aver udito la donna gridare. 
Clicca qui per leggere l’articolo completo

pol IMG_3218 b

Dama a Mosca (opera di Vasilij Kandinsky)

Serena Marotta23 maggio 2016

Onde di pizzo sul petto, abito giallo molto decorato, la collana al collo, i bottoni disegnati sul corpetto. È il dipinto dal titolo “Dama a Mosca“, un olio su tela, di centimetri 108,8 x 108,8 datato 1912, del pittore Vasilij Kandinsky e conservato presso la Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco.

Dama a Mosca - Kandinsky - Lady in Moscow

Dama a Mosca (1912, Vasilij Kandinsky)

Dama a Mosca: analisi del dipinto

In questo dipinto lo spettatore è orientato a osservare due elementi: la dama e le due macchie sulla sinistra della donna nel quadro. Un modo per rappresentare l’esteriorità e l’interiorità della donna. Curata nei particolari, il viso della dama è molto truccato e anche la pettinatura risulta essere elaborata. Sulla destra della donna, si vede un cagnolino bianco, mentre alla sua sinistra vi è una rosa.

Sullo sfondo si vedono i palazzi, dai colori intensi e dalle forme decise, sulla strada ci sono diversi elementi che danno la sensazione dello svolgersi dell’azione: la carrozza quasi nascosta dalla testa della dama, il cane che si sta per sollevare, il passante che tiene il cappello. Sulla parte bassa, si trovano toni scuri proprio per equilibrare la macchia scura dipinta in alto. La rosa è evidenziata dal colore azzurro che la circonda e rappresenta l’animo della donna.
Sembra che in questo quadro Kandinsky abbia voluto rappresentare la sua compagna Gabriele Münter, della quale l’artista vuole sottolineare la volubilità. Le scriveva nel 1903: “…al mattino stanca, pessimista. Alla sera allegra, speranzosa…”.


Da qui, l’idea di usare la macchia nera per rappresentarne il pessimismo e il rosa per l’allegria.
Così diceva il fondatore dell’arte astratta:

Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde.

Clicca qui per leggere l’articolo completo 

Achille Lauro: breve storia del sequestro della nave

Serena Marotta22 gennaio 2016

Sono passati oltre 30 anni dal sequestro della nave Achille Lauro, avvenuto il 7 ottobre 1985. Fu allora che quattro terroristi palestinesi sequestrarono la nave da crociera italiana, per poi liberare gli ostaggi due giorni dopo, il 9 ottobre.

Sequestro Achille Lauro - giornale - 7 ottobre 1985

Il sequestro dell’Achille Lauro: la prima pagina del Corriere della Sera del 9 ottobre 1985

Il sequestro dell’Achille Lauro

Il sequestro avvenne al largo delle coste egiziane. A bordo della nave c’erano 400 persone, gli altri passeggeri si trovavano a terra per un’escursione. Intorno alle 13 del 7 ottobre, i terroristi armati prendono il controllo dell’Achille Lauro: durante il processo dichiararono che in realtà volevano compiere un attentato nel porto israeliano di Ashdod, una delle tappe della nave, ma essendo stati scoperti, decisero di eseguire il sequestro. In cambio, i quattro terroristi, dichiaratisi appartenenti all’Olp, chiesero subito la liberazione di 52 palestinesi detenuti in Israele. In verità, i terroristi appartenevano al Fronte per la liberazione della Palestina, gruppo radicale all’interno dell’Olp, che si opponeva alla linea di Yasser Arafat, che negò ogni responsabilità.

ADVERTISEMENT

Achille Lauro - Nave

Una foto della nave Achille Lauro. Il suo nome viene dall’armatore napoletano (1887 – 1982).

La liberazione degli ostaggi

È così che il governo italiano (Bettino Craxi) con il ministro degli Esteri (Giulio Andreotti) decise di chiedere la collaborazione del presidente palestinese. Una mossa che permise, grazie all’invio di due mediatori da parte di Arafat, di liberare gli ostaggi: i dirottatori, infatti, si consegnarono alle autorità egiziane. Da quel momento, l’Achille Lauro si diresse a Port Said, attraccando il 10 ottobre 1985.

Clicca qui per leggere l’articolo completo

Filosofia, opera (pannello decorativo) di Gustav Klimt

Filosofia, opera (pannello decorativo) di Gustav Klimt

Serena Marotta14 dicembre 2015

Nel 1894 a Gustav Klimt venne dato l’incarico di realizzare dei pannelli decorativi per l’Aula Magna dell’Università di Vienna. L’incarico venne affidato anche a Franz Matsch; gli artisti realizzarono le opere indipendentemente l’uno dall’altro, dividendosi i pannelli da dipingere. Klimt realizzò quelli di tre facoltà: filosofiamedicina e giurisprudenza. L’artista si dedica al progetto a partire dal 1899 e il primo pannello è la “Filosofia”, che terminerà nel 1900.

Philosophy - Klimt - Filosofia - Philosophie - 1898-1907

Filosofia, opera di Gustav Klimt (1899-1907). Il pannello decorava il soffitto della Great Hall dell’Università di Vienna. Fu distrutto da un incendio nel 1945.
ADVERTISEMENT

L’opera venne presentata alla VII mostra della Secessione del 1900 e suscitò molte polemiche: Klimt venne infatti molto criticato, mentre all’esposizione universale di Parigi, sempre nel 1900, ricevette la medaglia d’oro.
Filosofia di Klimt è un olio su tela, di centimetri 430 x 300. L’opera è andata distrutta nel 1945 nell’incendio del castello di Immendorf.

La Filosofia: l’opera

Il pannello raffigurava dei corpi femminili avviluppati tra loro, in trance, e dovevano rappresentare la nascita, la feconditàe la morte.

Clicca qui per leggere l’articolo

Palermo e l’arte: domani alle 18 l’inaugurazione di "In hoc signo"

Pubblicato il: 9 ottobre 2015 alle 12:43



“ In hoc signo ”. È questo il titolo della mostra collettiva di arte contemporanea che sarà inaugurata domani, alle 18, a Palazzo Costantino, in via Maqueda angolo “Quattro Canti”, in occasione della XI giornata del Contemporaneo. Il palazzo di proprietà di Roberto Bilotti, il cui sogno è quello di farne un museo, apre le porte a una quarantina di artisti siciliani, che esporranno le loro opere. La mostra sarà allestita dal 10 al 17 ottobre, tutti i giorni, dalle 10 alle 12.30 e dalle 17 sino alle 19.30. La Expo è curata da Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, coordinata da Ignazio Schifano, Beatrice Feo Filangeri, Bobez Arte, le Nuvole A.C. e Dimora OZ. Sette giorni all’insegna dell’arte, dove si potranno ammirare installazioni, quadri, fotografie di diversi artisti, quali Noemi Priolo, Dalila Belato, Francesco Scherma, Adriano Ferrante, Paolo Madonia, Gisella Chaudry, Faniela Notaro, Guido Guzzo, Guglielmo Acciaro, Nicoletta Signorelli, Ignazio Schifano, Luca Crivello, Sergio Cardillo, Pietro Vaccarello , Simone Stuto, Roberto Caló, Beatrice Feo Filangeri, Daniela Balsamo, Laboratorio Saccardi, Mr. Richichi, Loredana Grasso, Andrea Curti, Elisa Martorana, Carmelo Maria Carollo, Daniele Cangialosi, Domenico Pellegrino, Libera Alessia Aiello, Vacuamoenia, Gandolfo Gabriele David, Sergio Barbàra, Mattia Pirandello, Patrycja Stefanek, Tiberio Michele, Nicola Pucci, Luigi Citarrella, Andrea Kantos, Claudia Di Gangi, Francesca La Porta, Francesco Cuttitta, Antonio Gervasi, Lorenzo Gatto e Salvo Agria. Alla collettiva parteciperà anche Roberto Fontana. Tra gli artisti presenti del laboratorio Dimora Oz, ci sono Andrea Kantos, Gandolfo G. David, Libera Alessia Aiello e Patrycja Stefanek e in contemporanea, dalle 11 alle 18, a Palazzo Barlotta, in via Sant’Agostino numero 31, si terrà un allestimento. Tra le novità anche il progetto fotografico e video “Ottagono del sole” di Salvo Agria (videomaker) e Lorenzo Gatto (fotografo), realizzato grazie alla collaborazione di diversi danzatori e musicisti.
di Serena Marotta

"Ciao, Ibtisam". Il caso Ilaria Alpi

Pubblicato il: 2 ottobre 2015 alle 21:52



«Ibtisam» è la traslitterazione della parola araba che significa sorriso. La scelta del titolo nasce dal desiderio di fare un omaggio a Ilaria Alpi, inviata del Tg3, che amava il mondo arabo, alla quale dedichiamo questa rubrica. Ilaria che tutti ricordano proprio per quel sorriso che non l’abbandonava mai. Ilaria assassinata a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Lei era una persona semplice che «ti veniva incontro con i suoi gonnelloni fiorati… i lunghi capelli sciolti sistemati un po’così. Sembrava sempre di ritorno da una spiaggia…», così la ricorda la collega Sara Scalia. La persona generosa che «ogni volta che partiva comprava sempre un orologio e tornava sempre senza, perché lo regalava a un’amica somala. Quella volta, l’orologio non poté donarlo a nessuno…». L’orologio di cui parlava Giorgio Alpi, il padre della giornalista, oggi è al polso di Luciana Alpi, madre di Ilaria, dal quale non si separa mai. Ilaria Alpi era una persona determinata, una «signora giornalista», come ricorda l’operatore Calvi, che l’aveva accompagnata in tutti i precedenti viaggi nella terra da lei amata e che cercava di proteggere dalle ruberie della Cooperazione, dai rifiuti e soprattutto dalle armi. Ha tanto voluto quel viaggio, il settimo, l’ultimo. Doveva essere quello decisivo: «È la storia della mia vita, devo concludere, devo fare, voglio mettere la parola fine», aveva detto al suo collega mentre cercava di convincerlo a partire. Con lei invece il 20 marzo 1994, a Mogadiscio, c’era l’operatore Miran Hrovatin di Videoest di Trieste. Quello è stato il loro ultimo viaggio. Con questo lavoro partiamo proprio da lì, dal giorno dell’agguato, per tracciare in seguito il percorso seguito dagli inquirenti che si sono occupati delle indagini sino ad arrivare al processo di primo grado del 1999 contro il somalo Hashi Omar Hassan. Per passare poi a delineare i fatti di cronaca del periodo in cui viene commesso il duplice omicidio. Quindi torniamo a parlare dei due processi, quello della Corte d’Appello del 20 ottobre 2000 e d’Appello-bis del 10 maggio 2002, che vedono imputato ancora lui: Hashi, detto “Faudo”, oggi scarcerato dopo 16 anni. Quindi si parlerà del lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Alpi –Hrovatin. Infine, ricostruiremo le tappe di Ilaria e Miran nei dieci giorni trascorsi in Somalia: Mogadiscio, Balad, Merca, Johar, Bosaso, Gardo, Bosaso, Mogadiscio.
di Serena Marotta
foto: fonte Facebook

Lando Buzzanca, l’attore che ha stregato tutti, riceverà oggi il premio Pigna d’argento alla carriera artistica

Gli brillano gli occhi quando ripercorre le tappe della sua carriera: occhi grandi, neri, profondi che ti accarezzano l’anima. Una voce inconfondibile, timbro caldo, dizione impeccabile. Una carriera brillante di attore, con alle spalle più di 107 film, di cui 102 con il ruolo di protagonista: stiamo parlando di Lando Buzzanca, 80 anni, palermitano doc, che oggi alle 20.30 riceverà il premio Pigna d’argento alla carriera artistica al teatro Savio di Palermo. Umile, animo sensibile, cuore d’oro, non perde occasione, nel corso dell’intervista, per ricordare il suo amore per la moglie Lucia, che ci ha lasciati. Sono stati insieme 57 anni: si sono amati da subito, è bastato uno sguardo. Lei ha sempre creduto nelle sue capacità, sostenendolo, e andando pure contro la sua famiglia, che non condivideva questa unione con “un morto di fame, un attore”. Intanto Lando ha sempre sognato di fare l’attore, sin da quando, all’età di 6 anni, si sedeva in platea a guardare i film. Ne aveva otto, di anni, quando per la prima volta ha detto a suo padre che voleva fare l’attore, ricevendo uno schiaffo dal genitore. Aveva 18 anni quando ha lasciato il liceo per seguire la sua passione raggiungendo Roma. Tanta gavetta, lavori precari e poi il primo film: “Divorzio all’italiana”. Prima anche un provino con Vittorio Gassman, che gli è servito per trovare il coraggio di proporsi. “Telefonavo a casa di Gassman, finita l’Accademia, e mi rispondeva sempre la madre, sino a quando, alla quinta telefonata, me lo ha passato. Mi ha dato un appuntamento al teatro a venti chilometri da casa mia. Chilometri percorsi a piedi. Poi l’appuntamento alle 22 a casa di Gassman per fare il provino. Alle nove ero già sotto casa sua. Avevo un figlio di tre anni, una moglie e la necessità di lavorare. Allora alle dieci in punto ho bussato alla porta. Mi ha aperto la madre e mi ha fatto accomodare. Poi l’incontro con Gassman: ho iniziato senza guardarlo. Lui mi ha ascoltato, mi ha chiesto di recitare una poesia. Quindi ho recitato una poesia di D’Annunzio. Stavolta l’ho guardato negli occhi. Ho finito e questo pazzo mi viene a dire: ‘Buzzanca lei ha una bella personalità, una bella voce e l’intelligenza’. Lui che era l’intelligenza. Io non credevo alle sue parole”. Da allora ne è passato di tempo, i film, il teatro, la televisione. Tra le pellicole che gli stanno più a cuore ci sono: “Il merlo maschio”, “Il domestico” e “L’arbitro”. Quest’ultimo ha riscosso un notevole successo, soprattutto a Madrid, dove è rimasto nelle sale per un anno. Lando è conosciuto in tutto il mondo e ha avuto anche un contratto con la Paramount. Tra le fiction quella che più gli è piaciuto interpretare è stato il commissario né “Io e mio figlio”, che ha avuto uno share di oltre 9 milioni di telespettatori. E poi c’è “Il Restauratore”, altra fiction di successo che vede Buzzanca nei panni di un ex poliziotto alle prese con le sue luccicanze.
di Serena Marotta