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Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
Vacanze: meglio da soli
Anche i piccoli gesti fanno miracoli
Francesco legge i numeri. Tutti a tavola per la tombola. Nel soggiorno, tra la grande finestra con le grate beige e il frigorifero bianco con sopra il televisore, c’è un grande albero di Natale allestito dal personale. Siamo all’interno del reparto di psichiatria dell’ospedale Civico di Palermo. Gli Ufe, Utenti e familiari esperti,
per la prima volta, incontrano i pazienti.
È un venerdì. Tra un ambo e un’altra vincita e una battuta, sfilano via i piccoli regali – portati in dono dai volontari – accompagnati dal sorriso dei degenti. Per loro, dove il tempo sembra fermarsi “intrappolati” nella struttura dalle pareti beige e azzurre, è una grande novità, un momento di svago. E non solo: anche un’occasione per allenare la memoria grazie ai numeri. Per gli “Ufe Palermo” è un’occasione per arricchirsi. C’è l’emozione di avvicinarsi a queste persone, che soffrono di disagio mentale: riuscire a stabilire l’empatia non è facile. Alcuni di loro, in un primo momento, sono restii all’approccio con gli ospiti. Poi, incuriositi, abbandonano le stanze, e decidono di partecipare alla tombola: dalla vecchietta alla ragazza, che soffre di depressione, dal vecchietto che non vuole – di solito – mettere il naso fuori dalla stanza, al giovane ragazzo di colore.
È un momento di aggregazione. E dopo la tombola, si festeggia l’arrivo del Natale con pasticcini, caffè e bibite. “La presenza degli Ufe – afferma la dottoressa Grazia Guercetti, responsabile del reparto di psichiatria – ha avuto un effetto benefico sui pazienti e sul personale. Anche i familiari dei degenti hanno notato un miglioramento dell’umore dei propri cari, che avevano lasciati tristi e – dopo la presenza degli Ufe – li hanno ritrovati sorridenti e animati da buoni propositi: tre signore più giovani, il giorno dopo, hanno voluto fare lo shampoo che, fino al giorno prima, avevano rifiutato”. Insomma “anche piccoli gesti fanno miracoli”, conclude la dottoressa.
L’associazione Ufe, composta da 24 iscritti, è nata a marzo scorso con lo scopo di aiutare le persone, che soffrono di disagio mentale.
Serena Marotta
Esa il numero delle donne
Sei microracconti e un filo conduttore che li unisce tutti: la vita violenta che le donne conducono. Si tratta di storie vere che Carmen Costa – deliziosa scrittrice catanese – dal 1984 a Palermo, impegnata nel sociale – ha scritto in “Esa il numero delle donne”. Il libro è pubblicato da Spazio Cultura Edizioni. “Elsa – spiega l’autrice – è una sintesi di molte storie, che delle donne mi hanno raccontato in ufficio”. Confidenze non solo dalle colleghe ma anche dalle donne delle imprese di pulizie. Tra i racconti c’è quello di Caterina, che lavora appunto per un’impresa di pulizie. Caterina nasce da una famiglia molto modesta. Ha nove anni quando comincia a lavorare in una piccola azienda, che faceva parrucche. A 13 anni viene violentata dal datore di lavoro. A 17 sposa un uomo di 36 anni che la ama: le nascono tre figlie. Trova un lavoro presso un’impresa di pulizie, mentre ancora sta allattando una delle sue figlie, che ha sei mesi. Per farsi assumere, Caterina è costretta a portarsi la piccola al lavoro e a nasconderla dentro una busta di plastica. Ha, per fortuna, la solidarietà da parte delle altre colleghe. Un giorno devono fare un’ispezione: Caterina è terrorizzata che possano trovare la bambina e che la licenzino. Quindi decide di nasconderla in un armadietto dove ci sono tutti i fili del telefono.
Questi racconti sono legati l’un l’altro da più voci narranti.
C’è una voce narrante – quella principale – che parla di sé. Di questo ufficio un po’ tetro. C’è – tra le altre – la storia di una donna incinta che scopre di avere un menaloma e che le rimangono due mesi di vita. Sceglie di portare a termine la gravidanza e di non fare la chemioterapia come le avevano detto i medici. “Si innesca questa lotta tra quello che questa donna sente e quello che proviene dall’esterno”, dice Carmen Costa.
Esa è il numero sei, il simbolo delle donne, sei sono le storie vere raccontate in questo libro dove l’autrice evidenzia la difficoltà che hanno le donne, che “si adeguano e trovano risorse in un mondo dove non c’è posto per loro. La donna non deve diventare uomo per essere accettata. Se lavori devi dimostrare di essere più brava di un uomo due volte per andare avanti. A parità di incarico passa prima l’uomo poi la donna”.
Serena Marotta
(2 -12-2012)
Le fontane di Porta Felice
L’Aquila scolpita sul dorsale che – sino al 29 novembre 2010 – non si distinguevano più – con le spaccature su entrambe le vasche, che mostravano i segni lasciati dal tempo – oggi tornano a brillare.
Sono le due fontane laterali esterne di “Porta Felice”- uno dei monumenti fatto costruire dal vicerè Marcantonio Colonna e progettato da tre architetti del senato: Mariano Smiriglio, Pietro Novelli e Vincenzo Tedeschi tra il 1582 e il1637 – come racconta Rosario La Duca in “La città Perduta” – che la fantasia del passante aveva anche trasformato in ricettacoli di rifiuti.
Serena Marotta
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Profumo di donna
Ali per volare
Palermo, Villa Giulia
Nel 1787 Johann Wolfgang Goethe lo aveva definito “il più meraviglioso angolo della terra” ed è qui che – durante le sue visite – si fermava per leggere Omero. Siamo all’interno di Villa Giulia, la prima villa comunale realizzata a Palermo e la terza in Europa. Costruita tra il 1775 ed il 1777 per volere del pretore Antonio La Grua, marchese di Regalmici, prende il nome da quello della moglie del vicerè Marcantonio Colonna.
L’ingresso principale, realizzato in stile neoclassico, oggi rovinato e in disuso, si affaccia sulla passeggiata a mare. I visitatori accedono ormai dalla Porta Carolina, ingresso secondario aperto nel 1864 su via Lincoln. Il cuore della villa è rappresentato dalla grande piazza delle esedre, con quattro edicole di Damiani Almeyda. Al centro della piazza si trova una vasca, opera di Ignazio Marabitti, con un putto-Atlante che regge il dodecaedro, orologio solare a dodici facce (oggi gli orologi originali non esistono più) inventato alla fine del XVIII secolo dal matematico palermitano Lorenzo Federici.
La principale opera d’arte all’interno di questo “salotto all’aperto” è la fontana del Genio di Palermo, opera del Marabitti, sistemata in un’esedra alla fine del “viale del mare”. Intorno alla statua del Genio sono disposti una serpe, un cane e una cornucopia: simboli della Prudenza, della Fedeltà e dell’Abbondanza. E ancora: la statua della Rabbia, dell’Ira e dell’Invidia, spostate qui nel 1779. Nell’Ottocento, poi, furono sistemati lungo i viali i busti di De Spuches, Pacini, Petrella, Leopardi, Donizetti, Bellini, Sac. Messina e Pietro Novelli. Infine, ci sono le gabbie vuote che, un tempo, ospitavano il leone e la piccola colonia di scimmie.
Serena Marotta
(28 febbraio 2011)