PALERMO, 25 ANNI DOPO: L’ULTIMO DISCORSO DEL GIUDICE PAOLO BORSELLINO

25 Giugno 1992 – 25 Giugno 2017 Cosa è rimasto delle parole di Paolo Borsellino
«Non sono né un eroe né un kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno ». Era questo il cruccio del giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992 in via D’Amelio, a Palermo. Domani, domenica 25 giugno 2017, all’interno dell’atrio Paolo Borsellino della Biblioteca Comunale di Casa Professa, a Palermo, alle ore 18.30, sarà ricordato il suo ultimo discorso, tenuto il 25 giugno 1992, durante un dibattito organizzato dalla rivista Micromega proprio nell’atrio della biblioteca. Protagonisti dell’evento in ricordo del giudice saranno i ragazzi: gli alunni dell’Istituto Riso di Isola delle Femmine hanno preparato un lavoro teatrale, che servirà a tenere viva la memoria e tramandare alle generazioni future le parole del giudice. Seguirà un momento musicale a cura di Eugenio Piccilli. Poi è previsto un intervento telefonico con il fratello del giudice, Salvatore Borsellino. Nel video, riproposto a corredo dell’articolo, si vede il giudice Paolo Borsellino parlare, mentre stringe tra le mani un pacchetto di sigarette, tra gli applausi del pubblico presente, un segno di approvazione, di sostegno. Il giudice ricorda il suo amico e collega, Giovanni Falcone, morto un mese e due giorni prima, il 23 maggio 1992. Sono giorni terribili, per la città, per Paolo Borsellino, giorni di una morte annunciata: da quel 23 maggio, trascorrono 57 giorni: è domenica, 19 luglio 1992, mancano cinque minuti alle 17…
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27 luglio 1835: nasce Giosuè Carducci

Giosuè Carducci nacque oggi – a Valdicastello, in Versilia, nel 1835. Trascorse l’adolescenza e l’infanzia a Bolgheri, nella Maremma pisana. Qui si formò il suo carattere fiero e intransigente, sdegnoso di viltà e compromessi.

Dopo aver frequentato le scuole degli Scolopi a Firenze ed essersi laureato in lettere alla Scuola normale di Pisa, insegnò prima nelle scuole medie, poi letteratura italiana all’Università di Bologna. Proprio a Bologna visse sino alla morte, avvenuta nel 1907. L’anno precedente, primo fra gli scrittori italiani, aveva ottenuto il premio Nobel per la letteratura.

Carducci rappresenta un nuovo aspetto della reazione al secondo Romanticismo, accanto a quella degli scapigliati e dei veristi, ma fu avversario, oltre che dei romantici, anche degli scapigliati e dei veristi. Le poesie del Carducci sono raccolte in sei volumi: Juvenilia, Levia Gravia, Giambi ed Epodi, Rime nuove, Odi barbare, Rime e Ritmi. Alle quali vanno aggiunte la Canzone di Legnano e il Parlamento.
Serena Marotta

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"Caro don Pino, vorrei…" Lettere da Brancaccio

‘Caro don Pino, vorrei…’ Lettere da Brancaccio
Repubblica — 30 novembre 2008 pagina 1 sezione: PALERMO

«CARO padre Pino, vorrei che tu portassi un po’ di speranza nella mia famiglia e poi che mio padre non soffra più a causa del lavoro». Il lavoro, anzitutto. Poi la salute, lo studio, la pace, la giustizia sociale. In una sola parola: il futuro. L’ almanacco di sogni e bisogni di Brancaccio è un quaderno formato protocollo posto su un leggìo della chiesa di San Gaetano. i cronaca) nicola merendino è la testimonianza del legame fortissimo tra don Pino Puglisi e gli abitanti del quartiere dove il parroco lavorò e fu ucciso da un killer di mafia, nel 1993. Un killer la cui presenza aleggia sinistramente anche nel quaderno dei sogni: «Purtroppo la persona che ti ha ucciso e accusato è un mio cugino – si legge in una delle tante pagine fitte di appunti e firme – perdonalo come Dio ha perdonato tutti noi. So solo che lui è pentito e legge la Bibbia», scrive qualcuno che ha un legame di sangue con Salvatore Grigoli, l’ uomo che 15 anni fa premette il grilletto e che oggi ha scelto di diventare collaboratore di giustizia. L’ album si trova nella chiesa di San Gaetano dal 1994: ce lo mise don Mario Golesano, successore di don Puglisi, per tenere vivo il «contatto» della gente del quartiere con il sacerdote ucciso. Don Maurizio Francoforte, il parroco arrivato a San Gaetano nello scorso settembre, non ha mai avuto il tempo di sfogliarlo. «Perché – spiega – le cose da fare in parrocchia sono tante e più urgenti. Ho solo scritto sopra la data dell’ inizio del mio ministero qui a Brancaccio, un quartiere che per me non è tanto diverso da altri quartieri di Palermo». Ma la «normalità» di Brancaccio, sfogliando il quaderno, si intravede appena: disperata anche la situazione di «una madre in lotta»: «Interessati, ti prego, presso Dio, al cui cospetto ti trovi, per la mia famiglia che sta attraversando ogni genere di grave problema. In particolare ti affido alla preghiera mia figlia Sofia, una splendida ragazza di 21 anni che sta rischiando di perdersi», scrive Anna, che probabilmente si trova a che fare con il dramma della tossicodipendenza. E le difficoltà delle famiglie in un territorio a rischio come questo sono evidenti: «Assieme alla Madonna e al suo Figlio intercedi per me che sono sofferente, e per mio marito che si liberi dalla prigione e che diventi meno irascibile, fa che il lavoro gli vada bene. Dacci la pace», chiede una donna. «Il signore ci ha illuminati e siamo qui a pregare con te per la pace e la giustizia sociale», scrive qualcuno che attende il riscatto di quel quartiere oltre l’ Oreto che spesso appare lontano anche dalla stessa Palermo. Il desiderio di migliorarsi d’ altro canto è forte: «Aiuta me e Giusy a essere buoni genitori», chiede qualcuno lo scorso 30 ottobre. «Tu, modello di carità, aiutaci a non peggiorare in questo mondo di egoismo». I primi a volere un futuro diverso sono i più giovani, e tra di loro sono in molti a non avere mai conosciuto il parroco martire. Si sentono coinvolti dal suo carisma e vogliono realizzare qualcosa che possa migliorare la loro vita e quella di chi è loro vicino: «è la prima volta che ti scrivo, ti posso assicurare che farò qualcosa anche se piccola! La mia mente mi porta a sognare e sognando credo che qualcosa cambierà. Come hai detto tu: se ognuno fa qualcosa, tutto si può fare». Gli scrivono con calligrafia e grammatica ancora incerte e gli dichiarano affetto e gratitudine: «Caro padre, grazie a te, a mia madre con il parto cesario andò tutto bene. Anche la bambina adesso sta bene anche se quando è nata andava tutto male e invece ora va tutto benissimo spero sempre ringraziando sempre a te da Anna da Federica e da Francesca e da Simona. Ciao, ti voglio tanto bene asai». Un cuoricino alato sovrasta il messaggio. Così come un cuoricino alato sta nella pagina che qualcuno ha voluto dedicare alla zia scomparsa, raccomandandola a don Pino: «Cara zia Giovanna non piangere perché ti amiamo sempre. Da tutti, Zia Giovanna ti amo. Ciao amore x sempre». A Brancaccio il prete, del quale è in corso la causa di beatificazione, è già considerato un santo: «Tu sei già un santo, nostro contemporaneo, come padre Pio e Papa Giovanni Paolo II». Ed è per questo che sono innumerevoli le raccomandazioni che riguardano problemi di salute di persone care. «Caro Padre Puglisi ti prego per mio cugino che fra giorni affronterà un intervento… Mettici la tua mano e fa sì che tutti vada bene, dà la forza a mia cugina e ai suoi figli. Con amore, Giusy». «Ti prego, fa che lunedì negli esami non ci sia nulla di male, fallo per la mia bambina. Dammi la gioia di poterla crescere. Perdona i miei peccati», scrive un’ altra madre in ansia per la sorte della sua creatura. I ragazzi, e non solo, hanno a cuore la scuola. E per tutti c’ è sempre padre Pino: «Ti prego per l’ anno scolastico dei nostri ragazzi», scrivono i genitori che gli chiedono di vegliare affinché a scuola vada tutto bene. Gli studenti si rivolgono a lui per ricevere protezione, mentre gli confidano i loro sogni: «Ormai la scuola sta finendo e io sono prossimo agli esami di terza media. Ti prego di aiutarmi e sostenermi sempre, anche dopo l’ esame e fa che io possa uscire con un buon voto di licenza media perché così possa sempre essere di aiuto a tutte le persone del mondo e fa che possa esaudire il mio sogno: insegnare filosofia. Tvb» Don Puglisi, insomma, è ancora tra i suoi confratelli di Brancaccio. E loro gli raccontano tramite il quaderno quello che accade nel quartiere, così che sia sempre informato di tutto e possa vegliare: sulq quaderno sono annotati anche il cambio di guardia alla parrocchia e la nomina del nuovo presidente del centro Padre Nostro, l’ associazione che lo stesso aveva fondato poco prima di essere ucciso per sostenere i giovani e in genere il quartiere nella scelta di una strada diversa da quella dilagante dell’ illegalità. E non è un caso che sul quaderno trovino spazio anche delle vere e proprie confessioni, rese da parte di chi forse una volta ha sbagliato e oggi cerca il perdono: «Caro padre Puglisi, perché il mondo è così crudele e nessuno mi accetta come suo amico? Fa che tutti si convincano che io non sono un ladro. Prima o poi avrò giustizia? Tutti hanno sbagliato nei miei confronti, ci sto molto male che per queste voci mi abbiano privato del mio impiego più bello in parrocchia: l’ archivio. Ero sempre disponibile con le persone. Sai ogni volta mi viene in mente il primo certificato che ho fatto per una persona di Bari, la prima pratica matrimoniale (che bei tempi!) Essere trattato da ladro anche dalle persone che sono arrivate da poco nella comunità è bruttissimo. Però io spero di essere trattato come 6 anni fa. Non sai quanto è brutto sentirsi dire da un’ amica: “ti guardano tutti come se avessi fatto una rapina”. Sai che è brutto? Ora ti devo salutare, ti raccomando di pregare per me, padre Mario e padre Maurizio. Tvb», scrive Gabriele, che prima di incappare in una disavventura faceva il collaboratore parrocchiale. Lui spera di avere giustizia, «prima o poi» e nel frattempo si raccomanda al sacerdote ucciso. Ma sull’ album non ci sono solo i messaggi di chi abita a Brancaccio e spera nel cambiamento e in un futuro migliore. Su quelle pagine dove abitano i sogni del quartiere hanno voluto lasciare il segno anche tutte quelle persone che in questi anni sono passate a visitare la piccola chiesa diventata il simbolo dell’ opera di evangelizzazione di don Puglisi e del suo martirio. E sono state tante le comitive di seminaristi, di scout o di semplici turisti che hanno voluto lasciare su quei fogli la testimonianza del loro passaggio, per dire il loro personale grazie a don Pino e lo prendono ad esempio per le sfide che si trovano davanti nei luoghi dove vivono. – NICOLA MERENDINO

Palermo, Festino di Santa Rosalia edizione 2010

Dal Festinello al Festino. Cinque giorni di festeggiamenti a Palermo, dall’11 al 15 luglio, tra riti religiosi, spettacoli e concerti in onore di Santa Rosalia, patrona della città. “La Santuzza risveglia la tradizione” è questo il titolo del Festino numero 386, firmato da Philippe Daverio e organizzato dal Comune che, ieri sera, ha visto sfilare per le vie del centro storico 40 carretti siciliani, dalla Cattedrale alla Marina.

Sono le 21,30, quando il carretto siciliano, lungo 9 metri e alto 6 metri e trenta, con le sponde decorate a mano e raffiguranti scene di vita della Santa, lascia via Matteo Bonello per raggiungere la Cattedrale. Sul carro però la statua della Santa, posta su un roseto alto 4 metri e arricchito di cristalli Swarovski, non è in vetro di Murano, come annunciato nei giorni scorsi. Si tratta di una copia realizzata in resina bianca, sostituita in corsa per evitare rischi durante il corteo.

Il carro trionfale è preceduto da 40 carri, che sfilano uno dietro l’altro lungo corso Vittorio Emanuele. Sui carretti ci sono le Rosalie: 40 ragazze palermitane, tra le quali Claudia Perna del Grande Fratello 2009, che lanciano petali di rose rosse sulla folla. Ad attendere la “Santuzza” davanti alla Cattedrale c’è la prima “cassa armonica”con la banda “Antonio Marinuzzi”, al posto del tradizionale “Viva Palermo e Santa Rosalia” gridato dal sindaco Diego Cammarata, che per il secondo anno non ha partecipato al corteo. La seconda invece è allestita a Porta Felice con la banda “Vella”.

Intanto, mentre alla Cattedrale c’è chi festeggia la patrona, poco distante, ai Quattro Canti c’è chi protesta per la mancanza di una casa. I senzatetto mostrano un cartello: “AAA cercasi sindaco almeno per il Festino”. Tuttavia, non hanno impedito il passaggio dei carri, limitandosi ad “accoglierli” con i fischi. Intanto, cercavano Il sindaco Cammarata e hanno trovato Daverio: dai fischi si è passati agli insulti tra una senzatetto e il direttore artistico. Teatro delle lite verbale Porta Felice, poco dopo il passaggio del carro trionfale. E’ mezzanotte. La festa popolare si è conclusa alla Marina con i giochi pirotecnici. Oggi, alle 19, si terrà la processione per le vie del centro storico.

Serena Marotta

(15-7-2010)

Razza, sangue e un programma di guerra: «Mein Kampf»

14 giugno 1940. Le truppe tedesche occupano la Polonia: nasce il campo di Auschwitz

Sulla razza e sul sangue, si concentra il programma di guerra dell’uomo che ha compiuto i peggiori crimini contro l’umanità: Adolf Hitler. Un programma di guerra (più che una concezione politica) contenuto in un libro intitolato “Mein Kampf” (La mia battaglia) e scritto da Hitler durante i suoi anni di prigionia.[1]

Si tratta di un’opera in due volumi che racchiude la missione di tutta la sua vita: far trionfare, contro tutte le leggi false e artificiali, una legge naturale e sacra: quella della comunanza del sangue.

Hitler mira alla realizzazione di «una razza germanica pura», a preservarne la purezza del sangue, attraverso il controllo delle nascite e dei matrimoni. È nel sangue che risiede la forza o la debolezza dell’uomo, secondo il dittatore. La razza ariana ha dunque il ruolo di civilizzare il mondo e di dominarlo.

Hitler vede lo Stato come uno strumento, un “contenitore”, che ha una duplice funzione: all’interno, lo scopo è di riunirli, di proteggerli e farli arrivare al dominio. Lo Stato dovrà dunque vegliare affinché cessi ogni nuovo incrocio razziale.

Per adempiere all’interno alla sua missione, lo Stato ha due mezzi: la propaganda e l’educazione rivolta agli individui. La propaganda deve rivolgersi alle masse, deve essere efficace: non si indirizza al cervello, ma ai sentimenti della folla.

Poi c’è l’educazione: lo Stato razzista si preoccupa poco di far entrare la scienza nei cervelli. Prima corpi perfettamente sani, poi la formazione del carattere (sviluppo della forza di volontà e capacità di decisione), infine la cultura delle facoltà intellettuali. È di combattenti che il Reich ha bisogno, non di intellettuali. Una sola idea dovrà essere fissata nei giovani cervelli, l’idea-madre, quella della razza. Alla fine dell’educazione sarà consegnato al giovane tedesco un diploma di cittadino del Reich.

All’esterno, la missione dello Stato è quella di conquistare lo spazio necessario alla vita e alla dominazione naturale della razza ariana. È necessario isolare la Francia, il nemico della Germania. Compagni d’arme sono l’Italia e l’Inghilterra. Questo spazio da conquistare è a Est, è la Russia.

Da questo pensiero prende vita quella che dal 1940 diventerà una gigantesca fabbrica della morte: Auschwitz, il campo di sterminio e di concentramento centrale del Terzo Reich dove troveranno la morte ebrei, zingari e prigionieri di guerra sovietici.

[1] Allora capo del partito nazionalsocialista, fu arrestato nel 1923 per aver tentato un colpo di stato. Nominato nel 1933 cancelliere del Reich, poi diventato Führer della Germania dal 1934 al 1945.

QUEL 10 GIUGNO PIÙ PIACEVOLE DA RICORDARE…

10 giugno 1966. John Lennon mette a punto la tecnica del nastro suonato al contrario: la canzone è Rain dei Beatles.

Ecco il testo:

If the rain comes they run and hide their heads
They might as well be dead
If the rain comes, if the rain comes
When the sun shines they slip into the shade
(When the sun shines down)
And drink their lemonade
(When the sun shines down)
When the sun shines, when the sun shines
Rain, I don’t mind
Shine, the weather’s fine
I can show you that when it starts to rain
(When the rain comes down)
Everything’s the same
(When the rain comes down)
I can show you, I can show you
Rain, I don’t mind
Shine, the weather’s fine
Can you hear me, that when it rains and shines
(When it rains and shines)
It’s just a state of mind?
(When it rains and shines)
Can you hear me, can you hear me?
Sdaeh rieht edih dna nur yeht semoc niar eht fI
(Rain)
(Rain)

10 GIUGNO 1940

Mussolini dichiara guerra a Gran Bretagna e Francia

Attratto dal “bottino” facile, convinto che si sarebbe trovato seduto al tavolo delle trattative di pace, il 10 giugno 1940, Mussolini decide di abbandonare “la non belligeranza”: l’Italia entra in guerra.